Il dibattito che si sta aprendo in Sardegna sulla legge elettorale è interessante, da un punto di vista analitico, per due ordini di motivi.
Il primo – più diretto, ma niente affatto scontato – è relativo al coinvolgimento dei cittadini verso problematiche solo apparentemente lontane dal loro quotidiano.
Il secondo motivo attiene alla qualità della vita istituzionale sarda in sé.
Una delle prime cause dell’allontanamento dei cittadini dalla vita politica si può certamente ritrovare nello scarso coinvolgimento che gli attori politici (non) esercitano sui primi. Uno scollamento che poi, tra gli altri effetti, produce sempre di più un processo di disaffezione alle urne che va assumendo aspetti sempre più preoccupanti.
In Sardegna, a causa di una legge elettorale del novembre del 2013 definibile a dir poco incongruente, tutti questi effetti si stanno rafforzando. Una regione che ha sempre registrato tassi di partecipazione al voto pari o superiori a quelli delle regioni dell’Italia centrale e settentrionale, si ritrova oggi allineata a contesti politico-elettorali tipici dell’Italia meridionale.
I cittadini sardi hanno compreso che non vi è spazio, nel loro voto, verso espressioni dissenzienti rispetto ai due più grandi poli che si contendono le elezioni, il centrodestra e il centrosinistra. Un sistema elettorale che produce perfettamente il risultato per il quale era stato concepito: eliminare dalla vita politico-istituzionale isolana circa il 10%, sistematicamente, dell’elettorato sardo.
Vi è un movimento di svariati cittadini, di varie opzioni politiche, e di sigle diversificate, che si sta realmente interessando a che questo cambi. E questa, per la vita democratica sarda e indipendentemente da come la si pensi dal punto di vista politico, è senza dubbio una bellissima notizia.
La legge elettorale sarda, inoltre, laddove cambiata alla radice rispetto all’attuale, determinerebbe un netto miglioramento della vita istituzionale; non solo perché potenzialmente al massimo organo rappresentativo sardo – Il Consiglio regionale – potranno accedervi cittadini e tendenze politiche diversificate rispetto alle due maggiori, ma perché in questo consesso ci sarà un maggiore controllo e una migliore capacità di impulso e di promozione di dibattito.
Insomma, un’accresciuta capacità di rappresentatività di tutta la società isolana.
Il sistema elettorale non è – e non dovrebbe assolutamente essere – un qualcosa per gli addetti ai lavori, politologi, costituzionalisti, esperti dei partiti, che siano. Certo, per gli aspetti davvero più “tecnici” lo può anche essere, ma nello spirito e nella filosofia di quello che il sistema elettorale vuol conseguire (vuole escludere o integrare, mira a essere più veloce o più riflessivo, vuole riacquistare capacità di decisione o diventa solo un’assemblea di carattere generale, lasciando alla Giunta anche le ultime prerogative, come quella legislativa, che le sono proprie?), deve interessare per forza tutti i cittadini.
Il rischio è presto detto: un sistema che non produce risultati soddisfacenti non può che respingere ulteriormente i cittadini. Quanto di più utile per la sfera democratica, diventa invece l’elemento-causa del problema stesso.
A prescindere da quale soluzione verrà individuata, l’aspetto più importante è che i cittadini comprendano l’importanza di questi temi, possano contribuire ad indirizzare verso una scelta precisa e si reimpossessino della capacità politica di influire nelle decisioni collettive da prendere. Un ostacolo a tutto questo è certamente il sistema elettorale attuale.
Affinché l’alternativa e la soluzione non sia peggiore del male, è necessario un grado di coinvolgimento e di dibattito i più ampi possibile.
Carlo Pala
Politologo
Per approfondire:
Pala, Carlo (2016), Idee di Sardegna. Autonomisti, sovranisti, indipendentisti oggi, Carocci, Roma.
Helled, A., & Pala, C. (2024). When Nations Adapt: National Resilience between State(s) and Identity(ies). Political Studies Review, 22(1), 93-107. https://doi.org/10.1177/14789299221144620
Grimaldi, S., & Pala, C. (2024). Le elezioni regionali del 2024 in Europa: i limiti del modello di secondo ordine e la vittoria delle forze di (centro) destra. Regional Studies and Local Development, 5(RSLD VOLUME 5 ISSUE 2), 18. https://rsld.padovauniversitypress.it/system/files/papers/RSLD-2024-2-01.pdf