Einstein Telescope: il futuro che guarda al passato

Il 14 febbraio del 2015 due particolari antenne posizionate sulle coste americane captano per la prima volta un’onda gravitazionale provenire dal cosmo. Dalle analisi del segnale emerge che ad averla originata era stata la collisione di due enormi buchi neri e che l’energia sprigionata si era irraggiata sotto forma di vibrazioni per raggiungere la terra alla velocità della luce, oltre un miliardo di anni più tardi.

Incredibile! Il boato di un passato remoto arriva ai nostri giorni dopo aver attraversato l’universo. Sembra una storia di fantascienza e invece tutto questo è successo davvero. Per la cronaca, i tre fisici impegnati nel progetto riceveranno il premio Nobel per la fisica appena due anni dopo, nel 2017.

Con questo esperimento si dimostrava la correttezza delle previsioni che Einstein un secolo prima descriveva nella sua Teoria della Relatività Generale, convintosi dell’esistenza delle onde gravitazionali ma scettico sulla possibilità di osservarle. Proprio omaggiandone l’intuizione, oggi nel mondo si parla di Einstein Telescope o Telescopio Einstein per dirla alla maniera italiana.

Si tratta, come scrivono i testi, di un rilevatore di onde gravitazionali di terza generazione ancora in fase di studio, che sulla scia dei successi ottenuti con le installazioni precedenti di prima e seconda generazione, e con una tecnologia più sofisticata e sensibile alle basse frequenze, si metterà in ascolto dello spazio profondo. Con mia figlia ho usato l’espressione acchiappatore di onde, per rendere di più l’idea.
È un progetto avanzatissimo di osservazione dell’universo e non è facile da comprendere senza le giuste conoscenze sulle onde gravitazionali.
Ho pensato allora a quelle più familiari del mare e non mi pare di essere così lontano da ciò che la ricerca vuole sviluppare, se immagino che nell’onda diretta sulla costa ci siano i segreti ancestrali dell’oceano imponente. Manca solo lo sforzo di passare da una ondulazione sul mare all’ondulazione di vibrazioni nello spazio infinito.

In questo modo capisco quanto sia importante il silenzio ambientale per non mascherare il debole segnale generato dal passaggio tra le due antenne, perché è proprio questo che dovrà fare l’Einstein Telescope: registrare il transito di tutte le onde gravitazionali per determinare la sorgente che le ha generate. Con questi rilievi ad alta precisione, potremo migliorare la conoscenza dell’universo e della sua storia, fino ad ascoltare con una buona dose di fortuna, l’eco dei cataclismi primordiali.

Il progetto è smisurato, vediamo i numeri.

Il costo di realizzazione è di 1.7 miliardi di euro finanziato prevalentemente dall’Unione Europea, all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e con il supporto di Italia, Belgio, Polonia e Paesi Bassi. Nella grande infrastruttura sotterranea, il rilevatore sarà posizionato tra i 100 e i 300 metri di profondità per isolarlo da vibrazioni naturali o prodotte da attività umane e avrà la forma di un enorme triangolo, con lati lunghi 10 chilometri. Impressionante anche la comunità scientifica direttamente impegnata negli studi che conta più di 200 scienziati provenienti da diverse parti del globo e poi migliaia di professionisti nelle attività di programmazione, di divulgazione e sensibilizzazione. Con la struttura a regime è prevista la creazione di oltre 700 posti di lavoro. Un programma dal respiro internazionale insomma e un fatto storico per l’astrofisica e la geofisica in particolare.

Specchio dell'interferometro Virgo | Mirror of the Virgo interferometers | ©EGO/Virgo
Specchio dell’interferometro Virgo | Mirror of the Virgo interferometers | ©EGO/Virgo

Di eccezionale c’è anche un’altra cosa e riguarda la nostra terra, perché le vicende di questo immenso progetto ci interessano da molto vicino. Tra i luoghi candidati ad ospitarlo e dopo aver superato diverse selezioni, resiste l’area dell’ex miniera di Sos Enattos nel vicino comune di Lula, a una distanza di circa 30 chilometri dalla nostra città.
Questo sito vanta condizioni ottimali per la messa in attività dell’opera che insieme alla bassa antropizzazione e al rischio sismico di entità moderata della regione Sardegna, ci lasciano ben sperare riguardo l’imminente decisione sulla scelta del luogo in cui sorgerà.
La competizione con un sito altrettanto idoneo, localizzato in una regione tra i Paesi Bassi, Belgio e Germania è ancora irrisolta ma si fa strada la possibilità di utilizzare entrambe le località, per una soluzione favorevole, sembrerebbe, a garantire migliori performance scientifiche.

Non possiamo escludere che le abilità politiche cerchino soluzioni allargate pur di non essere tagliati fuori dalle preziose ricadute dell’investimento, di sicuro nessuno vuole rinunciare: secondo quanto riportato sul sito della Regione Sardegna, l’impatto economico stimato è di 6 miliardi di euro nella fase di costruzione e 147 milioni annui a regime.
Un vero tesoro, capace di stravolgere un territorio senza compromettere l’ecosistema, che diventa al contrario una condizione essenziale per il buon funzionamento del rilevatore. Immaginando il complesso delle strutture in superficie e l’indotto a supporto, c’è da aspettarsi la nascita di un vero polo scientifico mondiale e se tutto andrà come sperato e Sos Enattos vincerà la sua sfida, la vera svolta arriverà letteralmente dal cielo. Si provi a dire il contrario! Siamo pronti per questa eventualità?


Al momento tutte le azioni in campo sono orientate a sostenere la candidatura del sito italiano sia dal punto di vista finanziario sia autorizzatorio, con il governo centrale nel ruolo chiave di partecipazione istituzionale e di garanzia.
E se la visita a Sos Enattos dei delegati della Conferenza G7 su scienza e tecnologia di Ottobre 2024, organizzata dal ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), ha rappresentato l’ennesimo stimolo di supporto e convinto i presenti sull’idoneità del sito, il messaggio al mondo è chiaro: “la Sardegna è il cuore pulsante della nuova strategia italiana sulla ricerca”.

Il maxi accordo inter-enti siglato lo scorso mese di dicembre con la Regione Sardegna capofila, ha l’obiettivo di fare sistema nell’urgenza di creare un coordinamento permanente di tutte la azioni comuni che si dovranno intraprendere (). Il cardine è sostenere, promuovere, ampliare il favore internazionale e potenziare il dialogo con Università, enti, imprese e start up, perché il linguaggio e gli intenti siano gli stessi. Il comune di Lula e tutto il territorio circostante sono a un passo davvero dalla storia, la nostra città addirittura in una posizione strategica e appetibile, perché nella linea più vicina e diretta con la costa. Se l’entusiasmo non manca, a mancare sono una serie di servizi e infrastrutture fondamentali, collegamenti rapidi con il mondo perché l’isola sia facilmente raggiungibile in tutti i periodi dell’anno.

Problemi storici e ritardi con la modernità chiari a tutti e chissà non sia proprio l’Einstein Telescope a dare l’impulso per la loro reale risoluzione. Ad attirare i cervelli di mezzo mondo ci pensa la scienza ma per farli mangiare ci vogliono ristoranti e trattorie, per farli dormire alberghi e case. Serviranno scuole di carattere internazionale, sale convegni e traduttori, manovalanza a vario titolo, esperti fiscalisti e tecnici che formeranno e si formeranno in un contesto di continue frenesie intellettuali. Nuove strade da percorrere per un tessuto produttivo che potrà godere di enormi vantaggi, facendo ricredere le sacche di scetticismo, le poche, che ancora resistono.

Ecco dunque che il nostro contributo si fa prezioso e quanto più saremo disposti ad approfondire la conoscenza di questo immenso progetto tanto più saremo in grado di coglierne le opportunità di crescita.

Non ci resta che aspettare con le dita incrociate.

Genni Piras