Il futuro nel presente. Riflessioni sui giovani di Siniscola

Nessuno di noi può conoscere la realtà, ma ognuno può costruirsi un’idea sulla realtà a partire dalle proprie esperienze, dal proprio modo di guardare al mondo che può essere più o meno complesso, ma comunque sempre soggettivo. Così quando mi è stato chiesto di scrivere un pensiero sui giovani di Siniscola, come professionista psicologa e psicoterapeuta, ho pensato ai tanti giovani che ho avuto la fortuna di incontrare in tanti anni di lavoro e a tutto ciò che nel rapporto con loro ho imparato. Alla ricchezza nei momenti in cui mi davano la possibilità di entrare nel loro mondo di relazioni belle, faticose o inesistenti. Emozioni che scorrevano come fiumi in piena con vergogna, rabbia, e molta paura del presente e del futuro.


Le riflessioni che faccio in questo momento sono sicuramente limitate rispetto alla complessità del tema che richiederebbe uno spazio ampio di analisi. Da quanto ho osservato negli anni nel nostro territorio, penso che due aspetti abbiano influenzato enormemente il loro mondo emozionale. La chiusura forzata del “periodo covid” che ha portato ad un deprivarsi dell’umano bisogno di avere relazioni di cui ognuno di noi necessita per crescere ed evolversi in modo ricco e sereno. Gli studi sulla neuropsicologia hanno da tempo dimostrato che il relazionarsi con gli altri sia un’abilità cognitiva molto complessa che richiede venga esercitata in modo ricco, costruttivo e amorevole quotidianamente, perché si possano sviluppare specifiche aree del cervello e perché impariamo a muoverci nel mondo con sicurezza, curiosità e serenità.


Una notevole influenza sullo sviluppo mentale dei nostri bambini e ragazzi è stata creata dall’avere quasi costantemente “il mondo fra le mani”. Nel dire questo non voglio demonizzare uno strumento che sino a oggi ha dato tanto allo sviluppo cognitivo dei nostri giovani. Basti pensare che molti ragazzi attingono a Google per approfondire gli argomenti scolastici che sentono il bisogno di comprendere meglio, trovando risposte a domande che noi in passato non riuscivamo a soddisfare. E così tanti altri preziosi contributi alla crescita personale.


Un altro lato della medaglia dell’essere troppo spesso connessi è l’attingere a modelli di riferimento per costruirsi un’immagine di sé a partire dai social. Così bisogna essere sempre belli e solari per poter essere accettati, altrimenti si rischia l’esclusione. Non ci si può mostrare per quello che si è, né si possono mostrare le proprie debolezze perché si vive con la sensazione che il rischio di essere abbandonati sia troppo alto.
L’iperconnessione crea un allontanamento dai contatti reali e quando ci si incontra di persona ci si scherma dietro l’uso di un cellulare. La paura e la vergogna la fanno da sovrane. Si innescano così meccanismi circolari per cui più ci si isola più si ha paura, più si ha paura più ci si isola, avviandosi così in vite non vissute come quelle degli hikikomori che rischiano se non aiutati di non affrontare gli altri e il mondo.

L’isolamento sociale con la melanconia che ne deriva, è un polo della sofferenza giovanile, vissuto dalle famiglie come un dramma. Le famiglie non sanno come muoversi quando gli adolescenti e i giovani adulti scelgono l’isolamento sociale, perché la sensazione è di essere nelle sabbie mobili, dove più ci si muove maggiore è il rischio di scivolare in basso.


Spesso i nostri giovani esprimono la sofferenza stando in un silenzio vissuto come troppo angosciante. È nel silenzio che noi conosciamo il nostro corpo, ci entriamo in confidenza e impariamo a vederlo come una risorsa e non come un nemico. È sicuramente epidemico fra i nostri giovani l’incremento dei disturbi d’ansia, a cui contribuiscono relazioni vissute come insicure e minacciose per il proprio sè e la propria immagine e un corpo vissuto come pericoloso.


Un altro polo della sofferenza giovanile è l’uso e l’abuso di droghe, attorno alle quali ci si costruisce un’identità anche relazionale, utilizzate per mascherare le proprie insicurezze e le proprie paure. In altri casi ci sono comportamenti aggressivi devianti, che irrompono violentemente con l’obbiettivo spesso inconscio di comunicare la propria sofferenza e chiedere aiuto.
Ogni pianta ha una sua crescita a partire dall’unicità del terreno in cui viene piantata e dalle cure che riceve sulla base delle sue esigenze specifiche nelle diverse fasi del ciclo vitale.


Penso che
Penso che prendersi cura dei nostri giovani sia compito di ogni genitore, ogni famiglia, ogni scuola che è fatta di persone, ogni comunità all’interno del quale il bambino e poi l’adolescente cresce. Perché questo possa avvenire, è necessario incontrarsi e farsi aiutare dai giovani a leggere i loro bisogni, le loro paure, le loro angosce, le loro straordinarie risorse, i loro sogni, la loro enorme forza vitale che cerca una strada d’espressione.


Penso sia compito della politica farsi aiutare nel leggere le esigenze specifiche di un mondo sempre più complesso, proponendo progetti “che non siano calati dall’alto” ma che scaturiscano dall’incontro con le esigenze specifiche dei giovani nel loro territorio di riferimento.
Penso che spetti alle famiglie ritagliarsi degli spazi costanti nel tempo su temi educativi, sul confronto fra loro e sulla ricerca di altri modi possibili di vedere e affrontare il complesso compito educativo.


Penso che si possa trovare una strada se ai giovani vengono dati degli spazi per parlare di loro e di ciò di cui hanno bisogno, e se loro stessi accettano di assumersi la responsabilità del dialogo per co-costruire e chiedere di co-costruire il proprio futuro.
Penso che a Siniscola esistano da anni associazioni che si prendono cura dei nostri giovani e li accompagnano nel percorso della vita, che nelle scuole si incontrano insegnanti capaci di entrare in sintonia con i giovani e che vadano ringraziati, supportati e valorizzati. Penso ai gruppi A.C.R., Scout, centro giovanile parrocchiale, associazioni sportive, o strutture sportive private dove i giovani si incontrano, condividono e crescono assieme.


Il fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud diceva che nell’uomo esistono pulsioni di vita (Eros) e di morte (Thanatos), la prima come forza capace di creare vita e amore, e la seconda come una forza capace di creare distruzione e morte. In fondo nel bisogno di trascendenza oltre noi stessi, come appartenenza al genere umano, ognuno di noi “dovrebbe” andare verso il fiorire dell’energia dell’Eros, per sé e per chi abiterà il nostro pianeta e il nostro territorio. Tutto questo richiede lo “studiare” come accompagnare i nostri giovani a trovare un equilibrio fra “l’eccesso di libertà offerta dai media” e la difficoltà ad accedere all’unicità della forza vitale del “fuoco dei desideri”, cioè delle attitudini, delle passioni, delle vocazioni artistiche o professionali. Tutto questo contribuisce infatti a creare dentro di sé un senso di gioia e piacere nel percorrere il proprio viaggio unico della vita.


Sabina Mele
Psicologa Psicoterapeuta Ipnotista